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conformazione della loro indignit� e sommo vituperio.
Importa a l occhio della divinit� e presidente verit�,
che uno sia buono e degno, bench� nessuno de mortali
lo conosca: ma che un altro falsamente venesse sino ad
essere stimato dio da tutti mortali, per ci� non si ag-
gionger� dignit� a lui, perch� solamente vien fatto dal
fato instrumento et indice per cui si vegga la tanto
maggiore indignit� e pazzia di que tutti che lo stima-
no, quanto colui � pi� vile, ignobile et abietto. Se dum-
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que si prenda non solamente Orione il quale � Greco
et uomo di qualche preggio, ma uno della pi� indegna
e fracida generazion del mondo, di pi� bassa e sporca
natura e spirito, che sia adorato per Giove: certo mai
verr� esso onorato in Giove, n� Giove spreggiato in lui;
atteso che egli mascherato et incognito ottiene quella
piazza o solio: ma pi� tosto altri verranno vilipesi e vi-
tuperati in lui. Mai dumque potr� un forfante essere
capace di onore per questo, che serve per scimia e bef-
fa di ciechi mortali con il ministero de genii nemici�.
�Or sapete� disse Giove, �quel che definisco di costui,
per evitar ogni possibile futuro scandalo? voglio che
vada via a basso; e comando che perda tutta la virt� di
far de bagattelle, imposture, destrezze, gentilezze, et al-
tre maraviglie che non serveno di nulla: perch� con
quello non voglio che possa venire a distruggere quel
tanto di eccellenza e dignit� che si trova e consiste nel-
le cose necessarie alla republica del mondo; il qual veg-
gio quanto sia facile ad essere ingannato, e per conse-
guenza inclinato alle pazzie e prono ad ogni
corrozzione et indignit�. Per� non voglio che la nostra
riputazione consista nella discrezzione di costui o altro
simile: perch� se pazzo � un re il quale a un suo capita-
no e generoso duca dona tanta potest� et autorit�, per
quanta quello se gli possa far superiore (il che pu� es-
sere senza pregiudicio del regno, il quale potr� coss�
bene, e forse meglio, esser governato da questo che da
quello), quanto pi� sar� insensato e degno di corretto-
re e tutore, se ponesse o lasciasse nella medesima auto-
rit� un uomo abietto, vile et ignorante, per cui vegna
ad essere invilito, strapazzato, confuso, e messo sotto
sopra il tutto: essendo per costui posta la ignoranza in
consuetudine di scienza, la nobilit� in dispreggio e la
villania in riputazione�. �Vada presto,� disse Minerva,
�et in quel spacio succeda la Industria, l Esercizio bel-
lico et Arte militare, per cui si mantegna la patria pace
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et autoritade; si appugneno, vincano e riducano a vita
civile et umana conversazione gli barbari; si annullino
gli culti, religioni, sacrificio e leggi inumane, porcine,
salvatiche e bestiali: per che ad effettuar questo tal vol-
ta per la moltitudine de vili ignoranti e scelerati, la qua-
le prevale a nobili sapienti e veramente buoni che son
pochi, non basta la mia sapienza senza la punta de la
mia lancia, per quanto cotali ribaldarie son radicate,
germogliate e moltiplicate al mondo�. A cui rispose
Giove: �Basta, basta, figlia mia, la sapienza contra que-
ste ultime cose che da per s� invecchiano, cascano, son
vorate e digerite dal tempo, come cose di fragilissimo
fondamento�; �Ma in questo mentre� disse Pallade,
�bisogna resistere e ripugnare, a fin che con la violenza
non ne destruggano prima che le riformiamo�. �Ve-
nemo� disse Giove, �al fiume Eridano, il quale non so
come trattarlo, e che � in terra, e che � in cielo, mentre
le altre cose de le quali siamo in proposito, facendosi in
cielo lasciaro la terra: ma questo e che � qua, e che � la;
e che � dentro, e che � fuori; e che � alto, e che � basso;
e che ha del celeste, e che ha del terrestre; e che � l� ne
l Italia, e che � qua nella region australe: or non mi par
cosa a cui bisogna donare, ma a cui convegna che sia
tolto qualche luogo�; �Anzi,� disse Momo, �o Padre,
mi par cosa degna (poi che ha questa proprietade l Eri-
dano fiume di posser medesimo essere suppositale e
personalmente in pi� parti) che lo facciamo essere
ovumque sar� imaginato, nominato, chiamato e riveri-
to: il che tutto si pu� far con pochissima spesa, senza
interesse alcuno, e forse non senza buon guadagno. Ma
sia di tal sorte, che chi mangiar� de suoi pesci imagina-
ti, nominati, chiamati e riveriti, sia come (verbigrazia)
non mangiasse; chi similmente bever� de le sue acqui,
sia pur come colui che non ha da bere; chi parimente
l ar� dentro del cervello, sia pur come colui che l ha va-
cante e vedo; chi di medesima maniera ar� la compa-
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gnia de le sue Nereidi e Nimfe, non sia men solo che
colui che � anco fuor di se stesso�; �Bene,� disse Gio-
ve, �qua non � pregiudizio alcuno, atteso che per co-
stui non averr� che gli altri rimagnano senza cibo, sen-
za da bere, senza che gli reste qualche cosa in cervello,
e senza compagni: per essere quel lor mangiare, bere,
averlo in cervello, e tenere in compagnia, in imagina-
zione, in nome, in vóto, in riverenza; per� sia come
Momo propone, e veggio che gli altri confirmano. Sia
dumque l Eridano in cielo, ma non altrimenti che per
credito et imaginazione: l� onde non impedisca che in
quel medesimo luogo veramente vi possa essere qual-
ch altra cosa di cui in un altro di questi prossimi giorni
definiremo: perch� bisogna pensare sopra di questa se-
dia come sopra quella de l Orsa maggiore. Provedia-
mo ora a la Lepre, la qual voglio che sia stata tipo del
timore per la Contemplazion de la morte. Et anco per
quanto si pu� de la Speranza, e Confidenza, la quale �
contraria al Timore: perch� in certo modo l una e l al-
tra son virtudi, o almeno materia di quelle, se son figlie
della Considerazione e serveno a la Prudenza: ma il va-
no Timore, Codardiggia, e Desperazione, vadano insie-
me con la Lepre a basso a caggionare il vero inferno et
Orco de le pene a gli animi stupidi et ignoranti. Ivi non
sia luogo tanto occolto in cui non entre questa falsa Su-
spettazione, et il cieco Spavento de la morte, aprendosi
la porta d ogni rimossa stanza mediante gli falsi pensie-
ri che la stolta Fede et orba Credulitade parturisce, nu-
trisce et allieva: ma non gi� (se non con vane forze)
s accoste dove l inespugnabil muro della filosofica con-
templazion vera circonda, dove la quiete de la vita sta
fortificata e posta in alto, dove � aperta la verit�, dove �
chiara la necessitade de l eternit� d ogni sustanza; dove
non si dee temer d altro che d esser spogliato dall uma-
na perfezzione e giustizia che consiste nella conformit�
de la natura superiore e non errante�. Qua disse Mo-
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mo: �Intendo, o Giove, che chi mangia la lepre si fa
bello: facciamo dumque che chiumque mangiar� di
questo animal celeste, o maschio o femina ch egli sia,
da brutto dovegna formoso, da disgraziato grazioso,
da cosa feda e dispiacevole, piacevole e gentile; e fia
beato il ventre e stomaco che ne cape, e digerisce, e si
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